Saluto a Fernando Bandini

 

 

1.

Desidero, caro Fernando Bandini, che accolga questo saluto, niente affatto formale e persino affettuoso, come segno dell’ amicizia che vuole esprimerti la Comunità dei poeti di Alpe Adria, qui raccolta per la quinta volta in flluSSidiverSi, a Caorle.

 

E vorrei che vivessi in comunione con noi tutti, anche con quanti hanno avuto l’impudenza di volare altrove, ma che sono costantemente presenti nel nostro cuore. Penso ad Andrea Zanzotto, primo testimone di fluSSidiversi, a Luciano Morandini, a Gina Zanon.

 

 

I morti-vivi fanno parte della grande compagnia della Memoria, come ben sai. Essi infatti ri-vivono, quasi liturgicamente, con noi e per noi. Tu ben conosci le intemperie del Tempo, il Grande Rigattiere.

 

Leggendo i tuoi versi ho trovato lo stretto rapporto che lega l’Amore e il Tempo; quasi a esemplificare il carattere dialettico tra la continuità, la non precarietà/l’Amore appunto/ e la fragilità, l’occasionalità del qui ed ora; il Tempo, appunto.

 

Qui dimora la Memoria, cioè il Ri-vivere, anche secondo Fernando Bandini.  Qui si avventurano i tuoi versi. Aggiungo, sommessamente, che il valore di questa “cosa chiamata poesia”, in tale prospettiva, può essere, timidamente può essere, una Speranza per il tribolato mondo in cui viviamo. Senza la speranza, del resto, converrai con me, anche l’Amore si farebbe piccino, perché avrebbe le sue ali tarpate, imbrigliate nella rete della quotidianità banale dell’ogni giorno ripetitivo. Senza una prospettiva rassicurante, senza lievito fecondo.

 

Definire la poesia come speranza, nell’impietosità dei tempi che viviamo, è un conforto, un aiuto. Non diviene una mera mera espressione consolatoria o una fuga narcisistica. So che a tutto ciò tu credi. Essendo centrale per noi la speranza poetica, vorrei riportare ciò che dissi, interpretando il sentire dei poeti della nostra comunità, all’apertura della prima edizione di flussi diversi nel 2008. Vorrei che anche Bandini fosse in accordo con noi.

 

Non so, non so davvero, se la Poesia possa essere una speranza per il mondo degli uomini d’occidente in un’epoca che vede l’affermarsi, prepotente, della secolarizzazione.Mi viene naturale mettere in comunione poesia e dimensione religiosa, purchè coltivate nel silenzio eloquente del cuore e mettano al bando giochi e tentazioni intellettualistiche. Entrambi dovrebbero portare “altrove”,senza negare il qui e ora. Anzi,sono  i nostri hic et nunc che reclamano un orizzonte oltre l’orizzonte, un mare oltre il mare, la trascendenza che invera l’esser-ci


2.

Due parole su alcuni aspetti, forse non del tutto conosciuti, dell’uomo Bandini.Tu ami profondamente la nostra terra, la nostra Matria veneta; ciò trova sua espressione non solo nei tuoi versi nella lingua materna, ma anche nel tuo impegno nella società civile. Non sei un intellettuale con la puzza sotto il naso.

 

Sei stato un educatore, che ha percorso tutti i gradi dell’istruzione: da maestro delle elementari a professore universitario. Sei stato amministratore della tua Città, della nostra Vicenza, Presidente della Casa della Cultura e, per anni, della Accademia olimpica con generosità e con stima universalmente riconosciuta.

 

Sei stato anche un militante socialista, intruppato nella “confraternita”, come me e altri compagni del tempo, che faceva riferimento a Riccardo Lombardi, un aristocratico, intransigente politico-pensatore che sapeva coltivare l’onestà nel pensiero e nella prassi. Fosti persino segretario provinciale del P.S.I., costretto quasi da noi, compagni tuoi che ti stimavano e persino ti amavano, sballottato per la provincia tra sedi di partito, molte volte, a dire il vero, erano fumose e rumorose osterie di campagna che non profumavano certo d’incenso, ma avevano il sapore della terra, ove comunicavi la necessità di rendere decorosamente compatibile politica e morale. 

Mi ricordo che ti accompagnai a Longare, giovane autista / Bandini non possedeva la patente/, dove dispensasti un po’ dell’utopia che i cosiddetti lombardiani coltivavano, con aristocratica compiacenza.

 

Insomma, stavi nella mischia, con la tua ragione  incorrotta e con la generosità reclamata dal cuore. Quando la casa socialista divenne un luogo non proprio pulito e con frequentatori di dubbia provenienza ideale, te ne andasti. Senza far rumore. Altri tempi … Altri tempi! 

 

3.

E chiudo ricordando un momento di collaborazione poetica tra noi due. Avesti la gentilezza di scrivere la Prefazione del mio volumetto di versi tradotto in ceco, La Città d’oro e dintorni. Eravamo nel 1990. E qui confessasti l’amore per Praga. Quale miglior saluto, allora, visto che la nostra comunità di poeti si qualifica come centroeuropea, come mitteleuropea, della lettura di Poesia scritta a Praga, dal tuo Dietro i cancelli e altrove? La trovo, infatti, di grande intensità per il bisogno d’amore /per la tua Luisa/ e di solidale comunione con gli altri morti-vivi che, nella varia compagnia della Memoria, ti sono a conforto. 

 

E non temere; nel giorno del Giudizio, saremo in molti altri ad attraversare il nostro ponte Carlo.

 

Mi piacerebbe essere sepolto

a Mala Strana

in uno di questi silenziosi giardini

dove viene a svernare la cincia oltremontana

 

Che mi giacesse accanto

mia moglie innamorata di ponte Carlo

Il ponte è a pochi passi anche se solo

nel giorno del Giudizio potremo attraversarlo

 

Verrebbe a farmi visita

l’ombra di Halas quando muore il giorno

Abitava qui attorno, m’insegnerebbe

Il nome della prima stella

 

Ma Azneciv città che ha i suoi corvi

e i suoi golem pretende le mie ossa

Ci sarà qualcuno che si ricordi

di Bandini? Che sopra la sua fossa

 

rechi i fiori che amo (aquilegie, asfodeli)

e si fermi un poco a parlare con me?

Perché il mio cuore era di re

ma non avevo un regno né fedeli

 

 

Grazie di essere con noi.

Un forte abbraccio.

 

 

Antonio Cassuti